Lo stregone e la fanciulla

Viveva nelle selve fiorentine, qualche anno fa, un uomo tacciato da tutti d’essere uno stregone, oltre che malvagio. Egli viveva sempre in solitudine in una capanna, appunto, costruita al centro d’un bosco fittissimo. Era vecchia e malandata e molti erano i ragazzi che, per gioco, azzardavano ad avvicinarsi facendo a gara a chi si spaventasse prima. Nessuno, però, osò mai avvicinarsi tanto da intravedere l’interno della casetta. Strani suoni venivano uditi nei pressi dell’abitazione del vecchio; suoni come lamenti o strane litanie cantate a bassa voce. Si dice, inoltre, che un giorno il vecchio si innamorò di una fanciulla che camminava lungo il bosco mentre, probabilmente, era in cerca di erbe o di radici, che era solito procacciare durante le prime luci dell’alba. La fanciulla, a detta degli uomini del paese, attraversava invece spesso il bosco per recarsi dalla nonna materna, che viveva in un paesino limitrofo. Molti sostengono di aver osservato più volte lo stregone poggiato ad un pino intento a mirare la bellezza della fanciulla. Le descrizioni che sono pervenute lo ritraevano come un uomo dalla lunga barba liscia e nera, come i capelli che gli cadevano lungo la schiena, e di esile corporatura. Si dice avesse sempre il volto cupo e un’ aria decisamente oscura. La fanciulla, invece, aveva dei boccoli biondi che portava raccolti sulla spalla destra, era sempre vestita di bianco e il suo profumo poteva inebriare uomini a distanza di molti metri da lei. Un giorno, il vecchio stregone avvicinò la fanciulla e le promise tutto ciò ch’ella desiderava per averla, dichiarandole d’essersi innamorato più della propria stessa vita. La fanciulla, però, oltre che a negarsi si spaventò e fuggì lungo il bosco senza neanche voltarsi. Lo stregone n’ebbe il cuore tanto addolorato da giurare di renderla eternamente bella e fresca, in modo da poterne ammirare la bellezza per il resto della sua vita. Non potendo averla, si accontentò di poterla scrutare, da dietro quel pino, come aveva sempre fatto. Si narra che fece un incantesimo, pregando gli dei che le sue richieste fossero esaudite. La fanciulla, però, sparì. Al suo posto, proprio nel punto in cui sempre passava per attraversare il bosco, nacque un nuovo albero, un pino, che svettava sugli altri per la bellezza dei legni e delle foglie. Si dice, inoltre, che lo stregone, colto da immenso dolore, ne taglio qualche ramo, ricavandone un flauto. Venne visto suonare il flauto,da quel giorno, ai piedi del pino e anche di notte, quella triste melodia, giungeva fino in paese. Lo stregone restò lì, a suonare, finché non spirò. Ancora oggi, di notte, quando il silenzio incombe sui boschi e sul paese, si può udire il suono di quel flauto, che non venne mai raccolto. E’ il canto dello stregone, condannato ad amare la fanciulla, eternamente.

Buio

Quella notte il ragazzo scese la vecchia scala di legno che dalla sua mansarda portava direttamente alla strada. Attorno a lui il buio più totale e un silenzio mortale. Appena sceso in strada, incontrò subito l’unica luce presente in città: proveniva fioca dalla lanterna della ragazza che lo attendeva. Si avvicinò a lei e strinse la lanterna nella sua mano. Senza guardarla e senza parlare, tirò dritto per la sua strada. Sapeva che non l’avrebbe più vista.

La strada era popolata da ombre che si muovevano flemmatiche, senza accorgersi l’una dell’altra. Ovunque si girasse, tutto era buio e tutto ciò che lo circondava aveva un’aria tetra, fredda e minacciosa. Il ragazzo continuò a camminare senza sosta, per ore, in cerca di un barlume di luce, ma la città era spenta, tutta spenta.

Dopo tanto cercare, il ragazzo si stancò e smise di camminare. Rimase immobile, al centro della strada, guardandosi attorno, in ogni direzione. Non c’era nulla per cui valesse la pena di rimanere in quel posto, ma non c’erano altri posti in cui andare oltre che quello. Si lasciò prendere dallo sconforto, sentì d’essere disperato e condannato, condannato a patire il buio, condannato a non poter più godere del calore, condannato a una vita da morto.

Fu in quel momento che, ormai rassegnato, abbassò lo sguardo a terra e vide finalmente una luce. L’aveva tenuta con se per tutto il tempo, nella mano sinistra, e se n’era dimenticato a forza di cercarla altrove.

Il mattino seguente il ragazzo si svegliò nel suo letto, come sempre. Il sole splendeva alto in cielo e illuminava ogni cosa. Scese di corsa le scale della sua mansarda, che portano direttamente alla strada. I bambini si rincorrevano felici, mentre la gente passeggiava serena, chiacchierando per le vie.

Aveva smesso di pensare a quella ragazza e non ricordava nulla dell’incubo che aveva appena vissuto, ma non aveva dimenticato di portare un po di buio con sé.