Identikit pt. 2

Quando l’omicida venne interrogato dai colleghi dell’agente Lauren, apparve in stato confusionale e disse di non ricordare nulla dell’accaduto. Ricordava solamente gli attimi prima dell’omicidio e disse di aver ricevuto consiglio di uccidere la propria moglie da un uomo “vestito come una agente dell’Fbi”. Venne chiesto all’assassino di descrivere i lineamenti di quell’uomo così da fare un identikit. Quando lo presentarono all’agente Lauren, essa ebbe quasi un mancamento notando che l’aspetto corrispondeva in tutto e per tutto a quello dell’altro identikit e, quindi, ancora una volta all’agente che l’aveva affiancata per anni. Venne richiesta una perizia psichiatrica per l’assassino mentre la bimba tornò dai propri parenti, avendo detto agli agenti tutto ciò che sapeva sull’accaduto. Quando l’agente Lauren tornò nella casa del delitto, per ispezionare la scena, successe una cosa alquanto strana: un libro cadde dalla libreria, ed era “Mangia, prega, ama – una donna cerca la felicità”. Sembrò come se qualcuno l’avesse fatto cadere di proposito, ma nella casa, l’agente Lauren, era sola. Si accorse, subito dopo, che dal bagno proveniva un rumore d’acqua scrosciante. La doccia era accesa. Quando entrò nel bagno l’agente scoprì che sul vetro vi era una scritta, fatta col dito usando la condensa creatasi grazie al calore dell’acqua: “Ti amo ancora”. Tornata in centrale, Lauren interrogò nuovamente l’accusato. Egli sostenne di aver fatto quella scritta e quando gli venne chiesto il motivo, sostenne d’averla scritta secondo il consiglio dell’uomo dell’identikit, appena prima d’uccidere la moglie. Ricordò inoltre come, poco dopo l’omicidio, quella figura fosse praticamente sparita nel nulla. Non si è mai saputo nient’altro di questa storia ne di chi fosse quell’uomo, ma nella testa dell’agente Lauren è e sarà sempre il suo vecchio compagno, tornato apposta indietro per architettare quell’omicidio e per dirle, che nonostante la mancanza, l’amava ancora.

Gli infermieri

Una gelida notte d’inverno presso l’ospedale Cardarelli di Napoli, tre giovani laureandi in infermieria stavano svolgendo il loro turno di notte previsto dal percorso di tirocinio che stavano affrontando presso l’università. Nessun infermiere di ruolo passò con loro la notte in quel reparto, cosa piuttosto insolita per la routine ospedaliera. Alle dieci sera effettuarono l’ultimo giro dei letti, per assicurarsi che i pazienti stessero tutti bene e che fossero pronti per addormentarsi. Nessun problema venne riscontrato. Alle dieci e venti spensero le luci e si ritirarono nello stanzino, appunto, degli infermieri. Accesero la luce e cominciarono a guardare la tv, Verso mezzanotte e tre quarti, tutti e tre erano ormai praticamente quasi dormienti quando alla porta si udì bussare tre volte. I tre si alzarono di soprassalto, sorpresi dallo strano fatto “Chi mai può essere a quest’ora? Siamo in rianimazione!”, disse uno di loro “Sarà qualcuno dagli altri reparti, forse hanno bisogno d’aiuto”, disse il secondo, mentre il terzo si affrettò ad aprire. Fuori dalla porta, però, non c’era nessuno. Non sapendosi spiegare l’accaduto, pensarono ad uno scherzo di qualche paziente un po troppo vivace, probabilmente proveniente da un altro reparto. Fecero per riaddormentarsi ma dopo una mezz’ora, un’altra volta, tre volte bussarono alla porta. Si alzarono nuovamente ed aprirono la porta, stavolta di scatto. Non trovarono però ancora nessuno, ne fuori la porta ne lungo il corridoio. Più infastiditi che spaventati, chiamarono lo stanzino del reparto accanto per segnalare di qualche paziente “troppo giocherellone” che si divertiva a bussare alla loro porta, ma dopo aver fatto un veloce giro letti gli altri infermieri confermarono che tutti stavano dormendo. I tre si guardarono basiti e il timore cominciò a divenire paura. Si rimisero sui loro giacigli per assopirsi nuovamente, ma nessuno dei tre chiuse occhio, finché, sempre mezz’ora più tardi, alla porta bussarono altre tre volte. Stavolta i tre si alzarono ed uscirono sul corridoio. Per scrupolo fecero un altra volta il giro dei letti, scoprendo che, nel frattempo, il paziente del letto tre era deceduto.